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Lasciare il campo rom, c’è un progettoIl Comune attingerà a fondi europei
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Lasciare il campo rom, c’è un progetto
Il Comune attingerà a fondi europei

Da più parti è emersa la necessità, già evidenziata in precedenti occasioni, di intervenire sul campo nomadi di Asti, in particolare quello dei rom, nel tentativo di risolvere le varie criticità denunciate dagli imprenditori ma anche accertate dal Comune il quale, da qualche tempo, ha effettuato interventi strutturali sul sito per migliorare le condizioni igieniche e di vita dei residenti, tra cui molti bambini…

L’amministrazione comunale ha dato corso ad un articolato progetto per lo spostamento e superamento del campo rom di via Guerra attingendo a fondi europei stanziati per l’integrazione delle comunità “rom, sinti e camminanti”. Dell’iniziativa ne hanno discusso il sindaco Brignolo, l’assessore ai servizi sociali Vercelli, il vice prefetto reggente Ponta, i funzionari comunali, una rappresentanza degli imprenditori con attività in via Guerra e l’assessore regionale Cerutti.

Da più parti è emersa la necessità, già evidenziata in precedenti occasioni, di intervenire sul campo nomadi di Asti, in particolare quello dei rom, nel tentativo di risolvere le varie criticità denunciate dagli imprenditori ma anche accertate dal Comune il quale, da qualche tempo, ha effettuato interventi strutturali sul sito per migliorare le condizioni igieniche e di vita dei residenti, tra cui molti bambini. «La Regione ha compreso l’urgenza di intervenire sulla realtà di Asti che, dopo Torino, è una di quelle in Piemonte con la comunità rom più numerosa» spiega il sindaco Brignolo. L’idea è realizzare un progetto sulla falsa riga di quanto si sta sperimentando a Torino; un intervento ad ampio spettro che offrirebbe ai rom almeno tre soluzioni praticabili per uscire dalla condizioni in cui vivono oggigiorno. A Torino, infatti, una delle iniziative è stata predisporre progetti di social housing per dare ai nomadi una casa (nella quale si pagherebbero l’affitto) accompagnandoli in un percorso di integrazione con la comunità nella quale risiedono.

Ad Asti l’housing sociale sta muovendo solo ora i primi passi e strutture ex novo, che potrebbero ospitare i nomadi, sarebbero accessibili solo in tempi medio lunghi (ma si tenterebbe anche l’ipotesi di dar loro cascine in affitto o da ristrutturare). La seconda soluzione, che l’assessore Vercelli vede difficilmente praticabile, è il rimpatrio assistito dei rom interessati a tornare nel loro Paese d’origine essendo venute meno le condizioni di guerra per le quali, negli anni ‘80, decisero di trasferirsi in Italia. Ultima soluzione su cui si ragionerà sarà quella di dare ai rom «l’aiuto necessario a costruirsi una nuova casetta, con propri servizi igienici, in un campo più moderno e in cui sono garantite politiche di assistenza scolastica e di integrazione» precisano dal Comune.

Questo passaggio prevederebbe un rifacimento a monte del campo rom, probabilmente una sua delocalizzazione in un’area non ancora identificata, ma si tratta sempre di idee su cui far partire dei ragionamenti. «Sono 20 anni che in questa città non è stato fatto nulla per risolvere i problemi del campo rom – spiega l’assessore Vercelli – Ora, un po’ per volta, le condizioni di via Guerra sono migliorate ma è pacifico che le regole debbano essere rispettate e chi sbaglia deve pagare. Ci tengo però a puntualizzare che in questo progetto cerchiamo di attingere a fondi europei senza utilizzare risorse comunali».

Per Vercelli i problemi del campo rom sono stati sottovalutati o del tutto ignorati dalle precedenti amministrazioni: «Perché non sono stati messi prima i contatori individuali per l’acqua così da effettuare una bollettazione regolare sui consumi? Coloro che ci  attaccano oggi sulle politiche verso i campi rom sono anche quelli che hanno accolto i rom a fine anni ‘80 e che non hanno saputo gestire i problemi nati nel corso degli anni». Intanto un altro progetto, finanziato dalla Fondazione SociAL di Alessandria, sta per partire sul campo rom di via Guerra. Si chiama “Apriscatole” e prevede l’installazione di un container attrezzato ad aula didattica in cui i volontari faranno doposcuola ed educazione sanitaria ai bambini e, stando sul campo, saranno anche un occhio in più sulle attività delle famiglie che lì ci vivono.

r.s.

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